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Vecchio 26-05-2020, 14:27   #1061
sanpei
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Altra conferma che è l'uomo e non il virus il maggior nemico dell'umanità:

"In Cina evitati oltre 12 mila decessi da inquinamento grazie alla riduzione del traffico e delle attività industriali durante la quarantena: si tratta di un numero di vite salvate considerevolmente superiore al numero di vittime complessive del coronavirus in Cina (4645 vittime secondo i dati ufficiali). È il risultato di uno studio condotto presso la Yale School of Public Health da Kai Chen e pubblicato sulla rivista Lancet Planetary Health."
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Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono molto sicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
Bertrand Russell
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Vecchio 26-05-2020, 19:26   #1062
RG62
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Le nutrie sono roditori e sottraggono cibo e habitat anche ai pesci.

Il mio Prof. di Zoologia II sosteneva che le nutrie non sono un problema per l'ecosistema perchè vanno a coprire l'habitat lasciato libero dal castoro, presente in Europa ed in Italia, ed estinto in epoco storica a causa dell'uomo.

Tuttavia, allo stato attuale, è considerata specie alloctona invasiva e la Regione EmiliaRomagna ha istituito un piano per "il controllo" della Nutria.

Però non mi risulta sia un problema per i pesci, lo è molto di più per gli uccelli acquatici che hanno il loro habitat tra le canne palustri e piante acquatiche.
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Vecchio 26-05-2020, 23:16   #1063
Simone
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Il mio Prof. di Zoologia II sosteneva che le nutrie non sono un problema per l'ecosistema perchè vanno a coprire l'habitat lasciato libero dal castoro, presente in Europa ed in Italia, ed estinto in epoco storica a causa dell'uomo.

Tuttavia, allo stato attuale, è considerata specie alloctona invasiva e la Regione EmiliaRomagna ha istituito un piano per "il controllo" della Nutria.

Però non mi risulta sia un problema per i pesci, lo è molto di più per gli uccelli acquatici che hanno il loro habitat tra le canne palustri e piante acquatiche.
Lo è per gli argini...
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Vecchio 27-05-2020, 19:28   #1064
Peval
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"Il clima nell’Antropocene" e “Cambiamenti climatici: come possiamo motivare azioni per ridurre le emissioni?”: grazie agli interventi della Dott.ssa Susanna Corti e del Prof. Roberto Buizza parleremo del clima terrestre, come e perché sta variando, il concetto di Antropocene ed esamineremo il cambiamento climatico in atto: quali azioni individuali e quali politiche potremmo intraprendere per arginare questo complesso problema?

https://www.youtube.com/watch?v=QhQ-...ature=youtu.be

Metto qui il link di una presentazione organizzata da Fridays for Future di Acqui Terme, è un po' lunghetto ma è molto interessante! Bravi ai ragazzi che hanno organizzato :)
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Vecchio 05-06-2020, 12:00   #1065
sanpei
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Indovinate un po':

Maggio 2020 è stato il maggio più caldo registrato a livello globale da almeno 30 anni, mentre in Europa sono state rilevate temperature inferiori alla media. Lo segnala il servizio Copernicus Climate Change (c3s), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea.

Maggio è stato di 0.63 gradi più caldo della media dei maggio dal 1981-2010, rendendolo quindi quello più caldo. Temperature più alte della media sono state registrate in alcune parti della Siberia - dove sono state fino a 10 gradi sopra la media - Alaska e Antartide. L'ultimo periodo di dodici mesi giugno 2019-maggio 2020 è stato quasi 0,7 gradi più caldo della media, pareggiando quindi quello che sino ad ora era il periodo di dodici mesi più caldo, ottobre 2015-settembre 2016.

In Europa, invece, maggio 2020 è stato un po' più freddo della media, ma con una suddivisione distinta geograficamente distinta. Le temperature sono state al di sopra della media nella maggior parte dell'Europa sud-occidentale e nord-orientale e al di sotto della media in una vasta regione che si estende dalla Scandinavia ai Balcani e alla costa settentrionale del Mar Nero. Sempre nel nostro continente, sebbene maggio sia stato più freddo della media, la primavera 2020 (marzo-maggio) è stata superiore di 0,7 gradi alla media.
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Vecchio 10-06-2020, 17:33   #1066
sanpei
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Le brutte notizie non arrivano mai sole: già a maggio la Siberia ha vissuto un’ondata di calore senza precedenti. Abituati alle temperature estreme di meno 70 gradi Celsius e a un suolo gelato costantemente da migliaia di anni, i suoi abitanti in questi ultimi giorni hanno visto la colonnina di mercurio sfiorare i 35 gradi, invece delle consuete temperature di primavera attorno allo zero. Ciò dipende dal fatto che il fenomeno del riscaldamento del clima si aggrava in vicinanza dei poli. Le temperature medie nella regione artica sono aumentate di due gradi centigradi dalla metà del XIX secolo. Si tratta del doppio rispetto alla media mondiale.

Una delle conseguenze drammatiche di questo fenomeno è che il permafrost si scioglie. “Questi terreni sono ricchissimi di materie organiche che, una volta destabilizzate, possono emettere quantità enormi di CO2 e di metano. La scomparsa del permafrost è ormai un dato di fatto. Le superfici sciolte in estate sono sempre più ampie. Ancora non si sa, però, in quali quantità sarà emessa la CO2, né quale sia la percentuale di metano”. Il ricercatore, che ha preso parte all’ultimo Rapporto speciale dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico e i territori), ricorda che i modelli hanno evidenziato che un aumento superiore a 1,5 gradi centigradi provocherebbe una destabilizzazione del permafrost su ampia scala.

Un altro meccanismo che accelera il fenomeno è che gli incendi producono fuliggine che ricade sulla neve. Così facendo, essa diventa più scura e riflette meno l’energia del Sole, sciogliendosi quindi più in fretta. “Si crea un circolo vizioso. Se la stagione degli incendi inizia prima e dura più a lungo, la situazione si aggrava”.

Secondo Greenpeace, nel 2019 sono bruciati nell’Artico quasi 12 milioni di ettari di foreste. Di conseguenza, tra giugno e luglio sono state rilasciate nell’atmosfera più di 140 milioni di tonnellate di biossido di carbonio, equivalenti alle emissioni di 36 milioni di automobili ogni anno. Questo scenario potrebbe ripetersi anche nel 2020, in una foresta boreale già precaria perché sfruttata malamente dall’uomo. Piantando a scopi industriali alcune specie di pini estremamente infiammabili, ancora una volta l’uomo ha contribuito ad accelerare il riscaldamento del suo pianeta.
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Vecchio 11-06-2020, 11:19   #1067
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I mesi in cui l'umanità si è fermata per difendersi dal Coronavirus sono stati anche un gigantesco esperimento ecologico che nessuno avrebbe mai potuto organizzare. È il momento di trarne qualche insegnamento. Forse il più importante lo segnala la gloriosa Bbc: il tempo del carbone sta per finire. Il carbone ci aiuta da secoli, è inquinante, ma continuiamo ad usarlo perché costa poco. Il Coronavirus ha rivelato un altro inaspettato difetto del vecchio carbone: gran parte delle centrali elettriche a carbone sono rimaste spente durante i mesi del lockdown. A volte, sono bastate le centrali eoliche, idriche, geotermiche per tenere accesi frigoriferi e i forni per il pane. In un mondo paralizzato, poi, trasportare il carbone era più complicato anche rispetto ai concorrenti più simili come gas e petrolio che possono attraversare i confini nei tubi senza bisogno che qualcuno li accompagni.

Grazie al Covid-19, si è capito che la logistica del carbone è complicata, esposta alle variabili della convivenza tra Stati e di eventuali blocchi internazionali. L'altra scoperta è che, nonostante il prezzo conveniente, dal punto di vista capitalistico non è più un buon investimento. Una centrale elettrica alimentata con energia rinnovabile, scrive l'inviato specializzato in temi ambientali, Justin Rowlatt, «è ormai più economica da costruire di una a carbone». E il bello è che «i prezzi continuano a scendere». Pensateci dal punto di vista di un investitore: una volta fatto l'impianto, è meglio spendere per acquistare carbone o aspettare che il vento soffi gratis ?
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Vecchio 19-06-2020, 10:17   #1068
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I cambiamenti climatici aumentano le gravidanze a rischio. È quanto emerge da una ricerca che esamina una enorme quantità di dati, 32 milioni di nascite negli Stati Uniti, pubblicata sul Journal of the American Medical Association Network Open, e di cui danno conto sia il Guardian che il New York Times. Lo studio rivela che le donne incinte esposte a temperature elevate o all’inquinamento dell’aria hanno maggiori probabilità di avere figli prematuri o sottopeso, ma anche aborti spontanei. E che questi effetti incidono di più sulle madri e sui bambini afroamericani. Gli autori hanno esaminato 68 studi pubblicati dal 2007 e scoperto che l'87% individua una relazione significativa tra il caldo eccessivo o l'inquinamento atmosferico e i rischi di aborti spontanei, nascite premature o sottopeso. Oltre alle madri nere si sono rivelate più esposte quelle con l'asma.

Uno degli studi esaminati ha dimostrato che l'elevata esposizione all'inquinamento atmosferico durante l'ultimo trimestre di gravidanza porta a un aumento del 42% del rischio di aborti spontanei. Inoltre i ricercatori hanno riscontrato che l'aumento delle temperature (un fenomeno più frequente con i cambiamenti climatici che causano sempre più spesso intense ondate di calore) fa salire il rischio di nascite premature dall’8,6% al 21%. Inoltre rende più probabile il fatto che i neonati siano sottopeso.

Quando si parla di clima, la gente pensa al tempo estremo, alle grandi tempeste o agli enormi incendi, ma noi volevamo parlare degli effetti delle variazioni che sono comuni e diffuse e che sono anche raramente attribuite alla crisi climatica» spiega al Guardian Bruce Bekkar, coautore dello studio e ostetrico in pensione. «Abbiamo già generazioni indebolite alla nascita. Non possiamo permettere che questo accada» dice. «Abbiamo registrato cambiamenti lievi, ma questi effetti si verificano già con esposizioni all’inquinamento atmosferico che rientrano nei limiti di legge» aggiunge Kelley Patten, una della co-autrici. Spesso tendiamo a sottovalutare gli effetti dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici perché il nesso causale con i danni alla nostra salute non è evidente. Non «vediamo» mai nessuno «morire di inquinamento». Ma le ricerche scientifiche ormai da anni stanno accumulando conoscenze su come l'inquinamento o i cambiamenti climatici «normali», quelli che non sono spettacolari come i tifoni o la scomparsa dei laghi, ma che subiamo tutti i giorni, stanno già danneggiando la nostra salute. Per esempio aumentando i decessi per malattie cardiovascolari. Ora vediamo che questi danni si verificano fin da prima della nascita. È l'ora di prenderne atto e fare qualcosa.


Vediamo quali "argini" Campaz proporrà di costruire per "arginare" questo drammatico fenomeno.
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I cambiamenti climatici aumentano le gravidanze a rischio. È quanto emerge da una ricerca che esamina una enorme quantità di dati, 32 milioni di nascite negli Stati Uniti, pubblicata sul Journal of the American Medical Association Network Open, e di cui danno conto sia il Guardian che il New York Times. Lo studio rivela che le donne incinte esposte a temperature elevate o all’inquinamento dell’aria hanno maggiori probabilità di avere figli prematuri o sottopeso, ma anche aborti spontanei. E che questi effetti incidono di più sulle madri e sui bambini afroamericani. Gli autori hanno esaminato 68 studi pubblicati dal 2007 e scoperto che l'87% individua una relazione significativa tra il caldo eccessivo o l'inquinamento atmosferico e i rischi di aborti spontanei, nascite premature o sottopeso. Oltre alle madri nere si sono rivelate più esposte quelle con l'asma.

Uno degli studi esaminati ha dimostrato che l'elevata esposizione all'inquinamento atmosferico durante l'ultimo trimestre di gravidanza porta a un aumento del 42% del rischio di aborti spontanei. Inoltre i ricercatori hanno riscontrato che l'aumento delle temperature (un fenomeno più frequente con i cambiamenti climatici che causano sempre più spesso intense ondate di calore) fa salire il rischio di nascite premature dall’8,6% al 21%. Inoltre rende più probabile il fatto che i neonati siano sottopeso.

Quando si parla di clima, la gente pensa al tempo estremo, alle grandi tempeste o agli enormi incendi, ma noi volevamo parlare degli effetti delle variazioni che sono comuni e diffuse e che sono anche raramente attribuite alla crisi climatica» spiega al Guardian Bruce Bekkar, coautore dello studio e ostetrico in pensione. «Abbiamo già generazioni indebolite alla nascita. Non possiamo permettere che questo accada» dice. «Abbiamo registrato cambiamenti lievi, ma questi effetti si verificano già con esposizioni all’inquinamento atmosferico che rientrano nei limiti di legge» aggiunge Kelley Patten, una della co-autrici. Spesso tendiamo a sottovalutare gli effetti dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici perché il nesso causale con i danni alla nostra salute non è evidente. Non «vediamo» mai nessuno «morire di inquinamento». Ma le ricerche scientifiche ormai da anni stanno accumulando conoscenze su come l'inquinamento o i cambiamenti climatici «normali», quelli che non sono spettacolari come i tifoni o la scomparsa dei laghi, ma che subiamo tutti i giorni, stanno già danneggiando la nostra salute. Per esempio aumentando i decessi per malattie cardiovascolari. Ora vediamo che questi danni si verificano fin da prima della nascita. È l'ora di prenderne atto e fare qualcosa.


Vediamo quali "argini" Campaz proporrà di costruire per "arginare" questo drammatico fenomeno.

Troppe persone ----> GW ----> riduzione della natalità ----> ritorno all'equilibrio


In biologia si chiama feedback negativo
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Vecchio 19-06-2020, 13:00   #1070
sanpei
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La riduzione della natalità farà sparire la civiltà occidentale a favore di quella "emergente" ...se ti piace l'idea...
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