Discussione: Global Warming
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Vecchio 12-06-2023, 06:54   #1962
sanpei
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Milena Gabanelli, Corriere della Sera.

In Romagna dal 1 al 17 maggio sono caduti 5 miliardi di metri cubi d’acqua, con 32 mila sfollati, 15 morti, 8 miliardi i danni quantificati finora. I modelli climatici stabiliscono che un evento di questa portata si verifica ogni 200 anni. Ce ne sono stati due nel giro di 15 giorni. Vuol dire che la difesa del territorio andrà interamente riprogettata perché non sappiamo cosa ci attende. Nel mentre i romagnoli spalano e cercano di tornare a una normalità, ma non sanno quando ripartirà la ricostruzione perché il Commissario, che la deve gestire, ancora non c’è.
Mentre la popolazione veniva evacuata con i gommoni, sui giornali e nei talk politici e opinionisti hanno subito fatto il paragone con l’alluvione a Vaia (Veneto) del 2018: «lì sono piovuti 700 mm d’acqua, in Romagna fra i 300 e i 600 mm, ma il Veneto non si è allagato perché aveva costruito i bacini di laminazione, mentre in Romagna solo in parte». Il primo a dire che i due eventi in comune hanno solo il fatto che non si era mai visto nulla di simile è stato proprio il presidente del Vento Zaia. A Vaia il temporale, durato 3 giorni, si è abbattuto in quota (con un uragano che ha distrutto 42 milioni di alberi) dove nascono i grandi fiumi in grado di accogliere molta acqua: il Piave, il Tagliamento e l’Adige, con un canale scolmatore che riversa nel Garda. In Romagna i 500 mm sono caduti in poche ore, in due eventi ravvicinati, sulle colline e su decine di torrenti e piccoli fiumi con difficoltà di deflusso in pianura e le onde dell’Adriatico alte 3 metri a fare da diga. E su un terreno che era diventato cemento dopo due anni di siccità. «Se tutte le vasche di contenimento in progettazione fossero state tutte operative avrebbero potuto limitare un po’ i danni, ma non trattenere quelle quantità» sostengono tutti i geologi e ingegneri idraulici sentiti.
Nella provincia di Forlì-Cesena: due casse sul Fiume Savio, otto sul Ronco; quattro vasche di laminazione nel punto di confluenza del Montone e del Rabbi; sul Montone quattro casse in progettazione e non ancora finanziate dallo Stato. In provincia di Ravenna: due casse sul Fiume Senio e su una il proprietario ha fatto ricorso. Delle 14 opere realizzate a 6 mancano i lavori che consentono la fuoruscita nei periodi di siccità, ma sono da considerare in questo caso tutte operative proprio perché in grado di accogliere acqua. Sempre in provincia di Ravenna, sul Lamone e Santerno, si sta cercando di capire dove farle perché sono aree completamente insediate e, sia le vasche che le casse, occupano spazi che vanno dai 10 ai 30 ettari. Vuol dire espropri di terreni, di attività e indennizzi. Considerando le incertezze dei profondi eventi climatici, chi decide cosa? La Regione programma, il ministero dell’Ambiente dà i soldi in base a criteri di priorità, poi l’attuazione passa in capo all’Agenzia Sicurezza Territoriale e Protezione Civile regionale che delega il suo ufficio provinciale che, a sua volta, deve avere l’ok dal Comune interessato. E qui dipende dagli interessi che ci sono in ballo e dal gradimento dei comitati.
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“La negazione della complessità è l’inizio della tirannia”.

Jacob Burckhardt
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