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Vecchio 18-11-2023, 17:05   #9
sanpei
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ccorre ridare spazio ai fiumi in modo significativo e quindi concepire un sistema di difesa diverso, limitare il sistema arginale in altezza per evitare gravi danni da rotture, integrare e modificare l’uso del suolo e attività produttive in ampi spazi di destinazione fluviale”: a sei mesi dall'alluvione che ha travolto la Romagna a chiedere un approccio diverso da quello finora seguito - vale a dire “chiudere” i fiumi entro argini – è l'ordine dei Geologi, per bocca di Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia-Romagna.


A sei mesi dall’alluvione di maggio che considerazioni possiamo trarre? “Al netto dei ristori previsti dal Governo, siamo in grado di modificare il nostro comportamento, le nostre abitudini? Abbiamo ormai capito che riuscire a pianificare il nostro territorio è un compito assai complesso – continua Antolini - , su un territorio molto vasto e diversificato; servono studi, indagini, modellazioni, interventi con opere, rinaturalizzazioni, e alla fine del percorso ci accorgeremo che non saremo riusciti a raggiungere, in tempi brevi, gli obiettivi desiderati. La manutenzione e la ricostruzione periodica delle opere richiedono risorse ingentissime, ricordiamo che in Emilia-Romagna abbiamo 3.000 km di arginature”.

Radicale l'alternativa proposta da Antolini, che è quella di non fondarsi più solo “sul cosiddetto approccio ingegneristico, utilizzato in tutte le Regioni indipendentemente dal colore politico, che intendeva gestire il territorio attraverso arginature, difese spondali, briglie, opere in genere, che ci ha portato ad un sistema della gestione fluviale e territoriale costoso e inadeguato. Continuare su questa strada guardando gli eventi che si susseguono, gli ultimi in Toscana, Lombardia, Veneto, Friuli, non ci rassicura per nulla. Se non siamo in grado di fronteggiare gli attuali problemi, l’attuale rischio, come potremo fronteggiare i cambiamenti climatici che i meteorologi ci prospettano?”
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“La negazione della complessità è l’inizio della tirannia”.

Jacob Burckhardt
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