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Vecchio 04-06-2023, 19:06   #1922
gibo
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Mi sono imbattuto "per caso" in un articolo di qualche anno fa e con relativa sorpresa mi sono accorto che la scienza spesso dimostra che le vecchie usanze non siano sempre le migliori.

Tratto da una intervista al Dott. Stefano Fenoglio professore all'università di Torino che ha scritto il libro "Ecologia fluviale"

Il Vostro libro sfata alcuni falsi miti dell’ecologia fluviale: ad esempio, è davvero necessario ripulire le sponde dei fiumi dalla vegetazione ripariale e dragarne i letti?

Anche se sembra impossibile, ai giorni nostri in Italia l’approccio scientifico viene più spesso trascurato quando non addirittura messo in discussione. In qualsiasi campo, dalla medicina alla sismologia, assistiamo desolatamente al dilagare di una mentalità pseudoscientifica e al proliferare di teorie che, pur ammantandosi di una patina scientifica, rifiutano o comunque non hanno alcuna corrispondenza con il metodo sperimentale. Anche nell’ambito della gestione dei fiumi notiamo spesso la presenza di alcuni ‘falsi miti’, che tuttavia non hanno alcun fondamento scientifico. Prendiamo come esempio la gestione della vegetazione ripariale, cioè della fascia di alberi che cresce naturalmente sulle sponde dei fiumi. Le fasce boscate sulle rive fluviali sono spesso considerate come elementi pericolosi, che devono essere sottoposti a drastiche operazioni di «pulizia». Infatti, a detta di molti questa vegetazione viene facilmente sradicata durante gli eventi alluvionali, quando l’accresciuta velocità della corrente provoca erosione anche nei tratti di pianura. Rami e tronchi vengono quindi trasportati verso valle sin quando, incontrando le arcate di un ponte o altri manufatti, formano ostruzioni o dighe che provocano di conseguenza il crollo della struttura o l’esondazione del fiume nei terreni circostanti. È vero che durante le alluvioni attualmente molti elementi ripariali vengono strappati dalla loro sede, ma soffermiamoci su alcune considerazioni. In primo luogo, generalmente gli alberi che vengono strappati non sono quelli che naturalmente dovrebbero essere presenti negli ambienti ripariali, come salici, pioppi bianchi ed ontani. Queste specie infatti si sono adattate nei millenni per contrastare la furia delle alluvioni, ed hanno un’elevata elasticità delle parti legnose ed un enorme sviluppo dell’apparato radicale. Noi sempre più spesso rimuoviamo queste piante, lasciando gli argini nudi o sostituendole con pioppi da carta o robinie, che vengono sradicati e diventano pericolosi. Al contrario, la presenza di una fascia boscata di specie igrofile, cioè adattate a vivere accanto al fiume, è molto utile durante le piene in quanto consolida gli argini e dissipa l’energia del fiume, facendolo rallentare quando esce dall’alveo. Stesso discorso vale per la rimozione del sedimento: a volte è localmente necessaria ed utile, ma ciò non significa sia una pratica applicabile tout court sull’intero reticolo idrografico. Il fondo dei nostri fiumi infatti si sta spesso abbassando, proprio in conseguenza dell’eccessiva attività di estrazione realizzata a partire dal secondo dopoguerra: questo è testimoniato dal fatto che sono sempre più numerosi i ponti che restano ‘sospesi’, cioè i cui pilastri hanno sempre meno contatto con il letto fluviale.

Direi che i due luoghi comuni più gettonati in questi giorni sono smentiti:

1) dragare i letti dei fiumi è spesso più nocivo che benefico.
2) L'acqua di una piena va rallentata per fargli dissipare energia, non accelerata. (ma questo punto mi sembrava anche intuitivo, un flusso liquido che scorre a forte velocità all'interno di un alveo tortuoso genera più pressioni agli argini e tende ad esondare con più facilità.
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